venerdì 5 ottobre 2018

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Gli astronomi dell'Università della Pennsylvania hanno criticato le argomentazioni a favore del paradosso di Fermi.
Il paradosso dice che tracce di attività delle civiltà aliene non sono state osservate nella Via Lattea, anche se avrebbero dovuto essere già rilevate, perché gli alieni esistono. Secondo gli scienziati, la quota dello spazio studiato all'interno del progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence, USA) è troppo piccola per poter trarre delle conclusioni. Un sunto della ricerca è pubblicato su repository arXiv.org.
Il paradosso di Fermi si applica per descrivere le discrepanze fra l'idea ottimista del numero di civiltà aliene della Galassia, che viene dall'equazione di Drake, e il fatto che finora non sono state trovate tracce della loro esistenza. Gli scienziati hanno proposto diverse spiegazioni per questo: per esempio, gli alieni muoiono prima di essere individuati, non possono entrare in contatto a causa dell'eccessiva gravità di un pianeta o per mancato sviluppo tecnologico. Una delle formulazioni del paradosso di Fermi è "il fatto a", secondo il quale le navi avrebbero dovuto navigare nel Sistema Solare e intorno alla Terra. Tuttavia, i ricercatori hanno criticato questo, perché anche sulla Terra, dove la tecnologia è moderna, viene realizzata da persone che non lo penetrano lo spazio. Essi hanno inoltre messo in dubbio il concetto di "silenzio inquietante" di Paul Davis, che parla della mancanza di segnali radiofaro di origine artificiale nello spazio. Secondo le conclusioni degli astronomi, anche tenendo conto del fatto che il progetto SETI è iniziato negli anni '60 del secolo scorso, è stato studiato troppo poco per poter dichiarare l'assenza dei segnali. Gli scienziati paragonano l'affermazione all'esistenza di animali marini in un bicchiere d'acqua, se riempito dall'oceano.
 

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